Recensioni

Al di fuori del catalogo

Nell'attimo del fare

Opere biologicamente corrette

Forme nella roccia

Arte...?

  

 Al di fuori del catalogo

-  I lavori di Annalisa Burato cercano con tutti i loro mezzi di collocarsi in una dimensione al di fuori dello spazio e del tempo: gli sta stretto essere identificati, catalogati, inquadrati in un contesto di ˝quando˝ e ˝come˝. Essi vogliono suggerire al cuore e alla mente di chi interagisce con loro un’idea di spazialità totale, di assenza di limitazione, di circolarità più che di linearità. E quando questa interazione finisce rifiutano persino di appartenere al passato: il supporto torna a essere materia inerte, l’opera che ha generato l’emozione non c’è mai stata.
È in quest’ottica che l’autrice ritiene che un curriculum sia una cosa totalmente priva di senso: se l’opera e l’artista convivono in simbiosi ideale, non possono venire separati e trattati diversamente.


     (R. Z.)

Nell'attimo del fare

- Modellare la terra per rendere vive, palpabili le proprie emozioni. Tradurre in forma una ricerca di sé che ha origini lontane. Annalisa, senza retorica, senza aggettivi, premia finalmente il suo esistere e lo regala ad altri attraverso linee curve, sinuose, essenziali.
Non nell’opera finita si traduce comunque il senso del suo lavoro ma nell’attimo preciso del fare, per il piacere di fare. Il momento con la sua precarietà offre spazi possibili al respiro.
Donne in attesa, silenziose, trepide, ma via via sicure, fiere, talvolta aggressive che si armano alla conquista del proprio corpo per unirlo alla mente ed essere quindi pronte ai giochi della vita, con la stessa plasticità e intensità della terra. Corpi che fondono in abbracci profani ma profondamente spirituali.
Echi primordiali in braccia piene di energia per prendere, avvolgere, contenere. Femminilità sensuale che emana profumo di animale vergine, nascosto, pregno di promesse quasi appagate.
Laddove le parole finiscono nasce un linguaggio denso di simboli ma semplice, diretto, per dire ancora, per scavare ancora, affinché il pensiero non finisca ma si avvii verso strade diverse…

Giuliana Sacchetto

Opere biologicamente corrette

 -Queste figure, pur nella loro diversità individuale, sembrerebbero simili alle altre, a tutte quelle a cui Annalisa ci ha abituato con la sua copiosa e felice produzione, almeno dal punto di vista della presenza e dello stile.
Forse è proprio così, ma queste, proprio queste, hanno qualcosa di speciale: trascendono il fatto di essere mera opera d'arte per conquistare l'ambita definizione di "opere vive".
E' proprio così: la terra di cui sono composte non è stata devitalizzata dalla cottura, e dall'impasto che le forma i semi non sono stati tolti. Quando il tempo a cui nulla sfugge farà di loro giustizia come la fa di tutte le cose, esse di nuovo si trasformeranno e, esaurito il loro compito di opera d'arte, torneranno a essere vita pura, torneranno ad essere tra le piante che popoleranno il nostro pianeta.
Non più quindi l'opera che pretende di avere per se l'attenzione esclusiva, ma un organismo che con gentilezza mantiene il proprio posto nella natura in attesa che si compiano gli eventi: proprio quello che la Natura desidera.

Riccardo Zanderigo

Forme nella roccia

E. H. Gombrich presentando lo scultore Henry Moore, scrisse che questi, non cominciava l'opera guardando il suo modello ma guardando la pietra. Voleva ricavarne qualcosa non frantumandola, ma avanzando circospetto, tentando di scoprire che cosa la pietra “vuole”. Se essa si trasforma in un'allusione alla figura umana tanto meglio. Anche Annalisa Burato partecipa in parte a questa filosofia artistica, perché quando immerge le sue mani in un cilindro d'argilla e dà forma a figure, gesti, movimenti, sguardi, spesso viene colta da stupore all'apparire della figura inaspettata o dal profilo nascosto nelle pieghe dell'opera. L'argilla, in questo senso, è uno dei materiali più vivi.
In questa mini-rassegna Annalisa Burato espone cinque opere scaturite da un'autentica passione per il gioco dell'arrampicata. Tema non molto frequente nella scultura moderna ma denso di significati simbolici che sovente trascendono l'idea iniziale dell'artista. In queste sculture, il gesto dell'arrampicata è enfatizzato nella tensione dei corpi nudi, protesi verso l'alto, carichi di energia vitale ma allo stesso tempo con una parvenza misteriosa e ancestrale, come di uomini primitivi che arrampicandosi sulle rocce della propria caverna, fuggono ad un bagliore d'occhi intravisto nella notte. Enigmatiche, per esempio, quelle figure che arrampicano sul fianco di colonnette della Lessinia, prive di immagini sacre che improvvisamente si sgretolano, perché nulla, naturalmente, è imperituro. Un'altra scultura ci rimanda ad un celebre dipinto di Matisse e presenta un insieme di corpi allacciati in un intreccio di arrampicata e danza. Alcune figure di questa scultura sono rivolte verso l'esterno, pervase da un senso di estraneità come nello scontro con qualcosa di imprevisto. Il loro sguardo, privo di volto, simile a quello dei celebri manichini metafisici di De Chirico, si posa su di noi con una dolcezza dissimulata e pare ricordarci, quanto anche noi, piccoli uomini che arrampicano le rocce della vita, partecipiamo nudi e fragili all'essenza della creta.

Luca Scalvini


       Arte...?  

Arte, è un concetto il cui significato continuo ad inseguire senza mai raggiungere pienamente”. Da queste parole di Annalisa Burato traspare una tensione continua, uno spirito di ricerca, quasi un dolore, di quelli che inconsapevolmente coltivi perché ne intuisci la forza da cui emana l'espressione artistica. È proprio tale spirito di ricerca che ha indotto l'artista, pittrice, a dedicarsi alla lavorazione della terra come mezzo espressivo. Professionalmente impegnata nell'ambito dell'handicap, ella usa l'arte come terapia conducendo in un centro educativo un laboratorio di manipolazione della terra con gli utenti del servizio. La decisione di esporre le maschere di creta, prodotti di tale laboratorio è tutt'altro che inopportuna: la terra lavorata da mani scevre di formazione artistica e di incrostazione culturale razionalizzata, si riappropria, o meglio, mantiene la sua caratteristica semplicità elementare, C'è quindi una complementarietà di tecnica e spontaneità che carica di significato espressivo le opere. La parola “maschera” si presta a diversi significati letterari: finzione, travestimento, protezione, espressione mimica. Ecco allora che si intravvede una correlazione tra la maschera modellata e la persona vissuta (persona, che dall'etrusco "phersu" significa, appunto, maschera); si intravvede, forse, la ricerca di un'identità, personale, sociale, artistica. 
Arte, dunque, come comunicazione, ricerca, fondata sull'esperienza, come espressione dell'intimo umano e come espressione umana dell'intimo e del profondo.

Luca Nogara