- I lavori di Annalisa
Burato cercano con tutti i loro mezzi di collocarsi in una dimensione
al di fuori dello spazio e del tempo: gli sta stretto essere
identificati, catalogati, inquadrati in un contesto di ˝quando˝ e
˝come˝. Essi vogliono suggerire al cuore e alla mente di chi
interagisce con loro un’idea di spazialità totale, di
assenza di limitazione, di circolarità più che di
linearità. E quando questa interazione finisce rifiutano
persino di appartenere al passato: il supporto torna a essere materia
inerte, l’opera che ha generato l’emozione non c’è mai
stata. (R.
Z.)
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- Modellare la terra per
rendere vive, palpabili le proprie emozioni. Tradurre in forma una
ricerca di sé che ha origini lontane. Annalisa, senza
retorica, senza aggettivi, premia finalmente il suo esistere e lo
regala ad altri attraverso linee curve, sinuose, essenziali. Giuliana Sacchetto |
-Queste figure, pur nella
loro diversità individuale, sembrerebbero simili alle altre, a
tutte quelle a cui Annalisa ci ha abituato con la sua copiosa e
felice produzione, almeno dal punto di vista della presenza e dello
stile. Riccardo Zanderigo |
E. H. Gombrich
presentando lo scultore Henry Moore, scrisse che questi, non
cominciava l'opera guardando il suo modello ma guardando la pietra.
Voleva ricavarne qualcosa non frantumandola, ma avanzando
circospetto, tentando di scoprire che cosa la pietra “vuole”. Se
essa si trasforma in un'allusione alla figura umana tanto meglio.
Anche Annalisa Burato partecipa in parte a questa filosofia
artistica, perché quando immerge le sue mani in un cilindro
d'argilla e dà forma a figure, gesti, movimenti, sguardi,
spesso viene colta da stupore all'apparire della figura inaspettata o
dal profilo nascosto nelle pieghe dell'opera. L'argilla, in questo
senso, è uno dei materiali più vivi. Luca Scalvini
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“Arte, è
un concetto il cui significato continuo ad inseguire senza mai
raggiungere pienamente”. Da queste parole di Annalisa Burato
traspare una tensione continua, uno spirito di ricerca, quasi un
dolore, di quelli che inconsapevolmente coltivi perché ne
intuisci la forza da cui emana l'espressione artistica. È
proprio tale spirito di ricerca che ha indotto l'artista, pittrice, a
dedicarsi alla lavorazione della terra come mezzo espressivo.
Professionalmente impegnata nell'ambito dell'handicap, ella usa
l'arte come terapia conducendo in un centro educativo un laboratorio
di manipolazione della terra con gli utenti del servizio. La
decisione di esporre le maschere di creta, prodotti di tale
laboratorio è tutt'altro che inopportuna: la terra lavorata da
mani scevre di formazione artistica e di incrostazione culturale
razionalizzata, si riappropria, o meglio, mantiene la sua
caratteristica semplicità elementare, C'è quindi una
complementarietà di tecnica e spontaneità che carica di
significato espressivo le opere. La parola “maschera” si presta a
diversi significati letterari: finzione, travestimento, protezione,
espressione mimica. Ecco allora che si intravvede una correlazione tra la maschera
modellata e la persona vissuta (persona, che dall'etrusco "phersu"
significa, appunto, maschera);
si intravvede, forse, la ricerca di un'identità, personale,
sociale, artistica. Luca Nogara |